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Intelligenza artificiale

GenAI, perché il futuro del lavoro passa dalla formazione continua

L’intelligenza artificiale richiede strategie chiare e un’adozione graduale. Secondo Omer Grossman (CyberArk), tre fattori fondamentali—adozione utente, manager mentori e formazione costante—guidano il successo a lungo termine

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GenAI
GenAI (© Depositphotos)

L’intelligenza artificiale (AI) è ormai sulla bocca di tutti, grazie alla sua capacità di rivoluzionare processi, settori e modelli di business. Molti la considerano il motore chiave per la digital transformation e la competitività nel lungo termine. Tuttavia, come sottolinea Omer Grossman, global chief information officer di CyberArk, l’adozione dell’AI va pianificata in modo graduale e strategico, prestando attenzione ai reali benefici per l’azienda.

Omer Grossman, CyberArk

Omer Grossman, CyberArk

Perché l’AI non è sempre la risposta

La presenza di soluzioni AI in ogni ambito potrebbe far pensare che questa tecnologia sia la panacea per qualsiasi esigenza. In realtà, come spiega Grossman nel suo recente comunicato stampa, in certi casi un approccio di automazione tradizionale, o l’uso di strumenti già consolidati, può risultare più efficace. La chiave di volta è comprendere perché e quando l’AI si riveli la scelta migliore per un determinato contesto: solo così si ottiene un reale valore di business.

I tre pillar fondamentali per il successo duraturo

Secondo la visione di Omer Grossman (CyberArk), ci sono tre fattori critici che determinano il successo di un progetto di GenAI e che aiutano i responsabili IT a guidare questa trasformazione in modo sostenibile.

1. Adozione graduale da parte degli utenti

Il primo pilastro per un’implementazione di successo è garantire un alto livello di adozione. Questo implica:

  • Partire da un caso d’uso concreto: ad esempio, impiegare la GenAI nella revisione di documenti legali complessi o per supportare il servizio clienti tramite chatbot.
  • Monitorare costantemente: se un team non utilizza lo strumento AI, è fondamentale capire le cause e intervenire con formazione e incentivi.
  • Governance dei dati: la qualità dei dati è cruciale. Il mantra “acquisire, classificare e ripulire” dovrebbe essere sempre al centro dell’attenzione per addestrare i modelli in modo efficace.

2. Manager mentori

Il secondo pilastro riguarda il ruolo dei manager, figure chiave nell’orientare e motivare i team:

  • Dare il buon esempio: sperimentare in prima persona e condividere best practice.
  • Creare un ambiente positivo: incoraggiare la sperimentazione e tollerare il margine di errore, veicolo essenziale per l’innovazione.
  • Trasmettere fiducia: comunicare in modo chiaro i vantaggi della GenAI per migliorare la produttività e la collaborazione tra i reparti.

3. Formazione costante

Infine, l’upskilling e il reskilling continui rappresentano il terzo pilastro. Le iniziative di formazione possono includere:

  • Comunicazioni periodiche: email con video tutorial, guide pratiche e aggiornamenti sulle funzionalità AI più recenti.
  • Webinar interfunzionali: presentare casi d’uso reali, da applicare ai diversi reparti aziendali.
  • Workshop tematici: attività mirate per specifici gruppi di lavoro, focalizzate su come migliorare i prompt o personalizzare i modelli AI.
  • Knowledge library: una repository consultabile dai dipendenti in qualsiasi momento, aggiornata con materiali e feedback continui.

L’entusiasmo per l’AI è più che motivato: questa tecnologia può davvero sbloccare un potenziale enorme in termini di innovazione e vantaggio competitivo. Tuttavia, come ribadisce Omer Grossman, la differenza tra un successo momentaneo e un risultato duraturo risiede nella strategia: puntare sul perché dell’AI, costruire un’adozione graduale, sostenuta da manager mentori e da una formazione costante. Solo così, i responsabili IT possono creare programmi che generino valore reale e siano in grado di adattarsi alle sfide di un mercato in continua evoluzione

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