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Antitrust vs Big Tech, chi pagherà davvero il conto dell’advertising?
Il potere dei walled garden pubblicitari delle Big Tech sotto la lente dell’Antitrust: brand e agenzie devono pretendere trasparenza e controllo per difendere budget e dati, puntando su un internet aperto e data‑driven

«Se non paghi per il prodotto, il prodotto sei tu»: l’incipit scelto da Angela Bersini, Country Manager Italy di The Trade Desk, fotografa perfettamente lo scontro in corso tra walled garden e mercato aperto. Le piattaforme dominanti controllano l’intera filiera dell’advertising digitale, comprimendo la concorrenza e accumulando dati di prima parte senza reale trasparenza.
Sanzioni record, cambiamenti minimi
Nel tempo le autorità antitrust hanno inflitto multe miliardarie (Alphabet/Google in primis), ma «le penalità economiche non bastano a cambiare i comportamenti» – avverte la manager. Finché le “big” continueranno ad agire da giudici e giurati del proprio ecosistema, marketer ed editori vedranno crescere costi operativi e dipendenza tecnologica.
DSP al 0,5 %? Il conto lo paga il brand
Il taglio delle commissioni su alcune DSP fino allo 0,5 % appare invitante, ma nasconde costi occulti, brand safety a rischio e priorità per l’inventory proprietaria. Il risultato? Saturazione pubblicitaria, meno efficienza e perdita di controllo sui dati di audience.
Controllo e trasparenza non sono negoziabili
Prima di investire budget, agenzie e inserzionisti devono pretendere:
- Tracciabilità delle impression in tempo reale;
- Indicazioni chiare su dove, quando e con quale frequenza compaiono gli annunci;
- Metriche certificate e indipendenti sui risultati di campagna;
- Protezione integrale dei dati proprietari e dei consumatori.

Angela Bersini – The Trade Desk
Retail media: la posta è ancora più alta
Quando la stessa piattaforma che ospita il marketplace gestisce anche aste, pricing e misurazione, la commissione visibile è solo la punta dell’iceberg. Occorre valutare l’intero total cost of ownership per evitare margini erosi e dipendenza competitiva.
L’alternativa: internet aperto e premium
Secondo Angela Bersini, l’unica risposta duratura è puntare su pubblicità data‑driven in ambienti aperti, dove insight, targeting preciso e contenuti di qualità convivono in totale trasparenza. Qui brand, agenzie e publisher possono costruire un ecosistema più sostenibile e realmente centrato sul consumatore.
Cosa devono fare i CMO oggi
- Audit puntuale di fee e clausole nei contratti ad‑tech;
- Adozione di metriche di attenzione e impatto incrementale oltre il semplice CPM;
- Diversificazione dei partner per evitare lock‑in tecnologici;
- Investimenti mirati in first‑party data e soluzioni di identity indipendente.
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