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Cloud ibrido e disaster recovery, la nuova frontiera della sicurezza IT

l disaster recovery nel cloud ibrido è oggi essenziale per garantire resilienza, sicurezza e conformità NIS2. Automazione, integrazione e protezione avanzata permettono di ridurre downtime e rischi in ambienti sempre più distribuiti

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Guasto ai server
Guasto ai server (© Depositphotos)

Nel panorama digitale contemporaneo, segnato da minacce informatiche sempre più sofisticate e da un crescente ricorso a infrastrutture distribuite, il disaster recovery assume un ruolo centrale nella continuità operativa delle aziende. La transizione verso modelli cloud ibridi, ormai adottati da organizzazioni e Managed Service Provider (MSP), rende necessario un approccio moderno capace di unire protezione dei dati, automazione e sicurezza avanzata.
Come sottolinea Denis Cassinerio, Senior Director & General Manager South EMEA di Acronis, soltanto una strategia unificata consente di affrontare la complessità degli ambienti attuali e di garantire una resilienza adeguata alle esigenze del mercato.

Denis Cassinerio, Senior Director & General Manager South EMEA

Denis Cassinerio, Senior Director & General Manager South EMEA

Disaster recovery e NIS2, dalla best practice all’obbligo normativo

La Direttiva NIS2, recepita in Italia con il D.Lgs. 138/2024, introduce obblighi stringenti per le organizzazioni che operano in settori critici. In questo contesto, il disaster recovery non rappresenta più solo una misura consigliata, ma una componente essenziale di conformità. Garantire la continuità dei servizi, proteggere dati sensibili e ridurre al minimo l’impatto di eventuali incidenti non è soltanto un’esigenza operativa: è un requisito imposto dalla legge che richiede strategie solide e tecnologie adeguate.

Perché il disaster recovery tradizionale non basta più

I modelli di disaster recovery progettati per ambienti on-premises evidenziano limiti sempre più evidenti. L’assenza di integrazione con il cloud, la dipendenza da procedure manuali e i tempi di ripristino troppo lunghi non permettono di rispondere alle necessità attuali. Una sola copia dei dati, peraltro non sempre protetta da eventi fisici come incendi o alluvioni, è insufficiente per garantire una resilienza adeguata. A ciò si aggiunge la crescente esposizione ai ransomware, che durante le fasi di restore possono riattivarsi o compromettere ulteriormente i sistemi.

Il valore del cloud ibrido: flessibilità, rapidità e protezione continua

L’approccio ibrido consente di combinare i vantaggi dell’infrastruttura locale con la scalabilità del cloud, favorendo un ripristino più rapido e una maggiore disponibilità dei sistemi. La possibilità di eseguire un failover automatico, riducendo drasticamente i tempi di inattività, rappresenta uno dei benefici più rilevanti, insieme al miglioramento dei parametri RPO e RTO. Anche sul fronte della sicurezza, l’integrazione di analisi antimalware direttamente sulle copie di ripristino contribuisce a evitare la reinfezione dei sistemi.

Un principio cardine resta quello della regola 3-2-1, secondo cui è necessario mantenere tre copie dei dati, archiviate su due supporti diversi, con almeno una conservata off-site per garantire un ripristino affidabile anche in caso di eventi catastrofici.

Gli elementi chiave di una strategia di disaster recovery ibrida

Una strategia moderna non può prescindere dall’orchestrazione automatizzata delle procedure di failover. Questo meccanismo consente di ridurre l’errore umano e di recuperare rapidamente le applicazioni business-critical secondo un ordine prestabilito. Allo stesso tempo, la presenza di opzioni di ripristino flessibili permette di adattare i tempi e le modalità di restore alle specifiche esigenze delle diverse applicazioni: alcune necessitano di tornare operative in pochi minuti nel cloud, altre possono essere ripristinate gradualmente su infrastrutture fisiche.

La sicurezza rappresenta un altro pilastro fondamentale. Backup immutabili, crittografia dei dati in transito e a riposo e scansioni antimalware costanti contribuiscono a mantenere elevato il livello di protezione. Poiché gli ambienti IT moderni sono sempre più distribuiti, risulta altrettanto cruciale una rete di connettività affidabile, con archiviazione geo-ridondante capace di garantire accesso continuo alle informazioni anche in caso di guasti localizzati.

Un piano efficace deve inoltre prevedere test periodici degli SLA per misurare la coerenza dei processi con gli obiettivi di ripristino, oltre a backup application-aware per garantire la piena integrità dei dati nei sistemi più complessi, come database SQL o applicazioni mission-critical. La protezione continua dei dati (CDP), infine, consente di registrare ogni modifica in tempo reale, evitando perdite tra un backup pianificato e il successivo.

Come definire un piano efficace nel cloud ibrido

La progettazione di una strategia di disaster recovery inizia dalla classificazione delle applicazioni e dei dataset realmente critici. Una volta stabilite le priorità, è necessario definire obiettivi realistici di RPO e RTO e modellare su di essi l’intero flusso di backup e ripristino. Un piano realmente efficace deve assicurare un passaggio fluido tra infrastrutture on-premises e cloud, integrando replica, crittografia e sistemi di controllo degli accessi basati su ruoli.

L’automazione gioca un ruolo fondamentale, ma altrettanto importante è la compatibilità con lo stack tecnologico esistente e la capacità di scalare in modo coerente con la crescita dei dati aziendali. Per mantenere un livello adeguato di resilienza, è infine essenziale testare e aggiornare regolarmente il piano, simulando scenari di disastro e assicurando che il personale sappia reagire in modo tempestivo.

Le principali sfide del cloud ibrido e come superarle

L’adozione del cloud ibrido introduce inevitabilmente nuove complessità. La gestione dei costi di archiviazione, la tutela dei dati sensibili e la coerenza delle configurazioni tra diverse piattaforme rappresentano alcune delle difficoltà più frequenti. Tuttavia, una strategia ben calibrata, basata su backup incrementali, crittografia end-to-end e automazione dei controlli, può ridurre drasticamente i rischi e limitare il downtime. La resilienza operativa, in ultima analisi, dipende dalla capacità di integrare tecnologia, processi e competenze in un sistema armonico.

Verso un disaster recovery più intelligente tra automatizzazione e analisi predittiva

Il futuro del disaster recovery nel cloud ibrido è orientato verso modelli sempre più autonomi, alimentati da machine learning e automazione avanzata. Le nuove piattaforme saranno in grado di analizzare in tempo reale l’intero ambiente IT, individuare anomalie e avviare automaticamente le procedure di ripristino. Questo approccio ridurrà ulteriormente i tempi di risposta e semplificherà la gestione, permettendo alle aziende di affrontare eventi critici con maggiore sicurezza e minori costi operativi.

La risposta di Acronis Cyber Protect Cloud

Per affrontare queste sfide, Acronis propone Acronis Cyber Protect Cloud, una piattaforma che riunisce in un’unica interfaccia backup, disaster recovery, cybersecurity e gestione centralizzata. Basata su Acronis Cyber Infrastructure, la soluzione permette a provider e aziende di gestire con semplicità ambienti distribuiti, offrendo funzioni avanzate come il failover automatico, backup immutabili, protezione continua dei dati e scansione antimalware in fase di ripristino. La possibilità di scegliere tra backup completi, incrementali o differenziali consente inoltre di adattare la strategia alle esigenze specifiche di ogni workload.

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