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Google sotto indagine UE: cosa può cambiare (davvero) per gli editori

Google nel mirino UE per il presunto declassamento dei contenuti degli editori. BigG propone modifiche ai servizi adv per evitare sanzioni e scissioni. Indagine cruciale per il futuro dell’editoria digitale.

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Logo Google (© Depositphotos)
Logo Google (© Depositphotos)

La Commissione Europea ha aperto una nuova indagine formale su Google, accusando il colosso di Mountain View di aver penalizzato i contenuti degli editori all’interno della ricerca, violando gli obblighi imposti dal Digital Markets Act (DMA). La risposta di BigG non si è fatta attendere: per evitare la cessione forzata della divisione pubblicitaria – uno scenario possibile in caso di violazione sistemica – Google ha presentato a Bruxelles un piano di modifica dei propri servizi adv.

Si tratta di un passaggio che può ridisegnare l’ecosistema dell’advertising digitale europeo, con impatti diretti su editori, inserzionisti e concessionarie.

Perché l’UE indaga Google (di nuovo)

Al centro dell’indagine c’è la “site reputation abuse policy”, una policy anti-spam introdotta da Google per contrastare i tentativi di manipolazione dei ranking tramite contenuti ospitati da partner commerciali.

Secondo Bruxelles, però, questa policy avrebbe avuto un effetto collaterale pesante: la demozione nei risultati di ricerca delle pagine degli editori che includono contenuti provenienti da partner terzi, anche quando tali pratiche rientrano nella normale monetizzazione editoriale (ad esempio affiliazioni, branded content, scontistiche con brand).

La Commissione sospetta che BigG non stia garantendo “condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie” nell’accesso ai contenuti editoriali, come invece richiesto dal DMA.

«Indagheremo per assicurarci che gli editori non perdano importanti ricavi in un momento difficile per il settore», ha dichiarato Teresa Ribera, vicepresidente della Commissione.

Se confermata, la violazione può costare a Google fino al 10% del fatturato mondiale, e fino al 20% in caso di recidiva.

La proposta di Google: più interoperabilità e prezzi minimi differenziati

Nel suo blog ufficiale, BigG ha annunciato un piano di adeguamento pensato per evitare misure drastiche come la separazione della propria attività pubblicitaria. Alcuni punti sono molto rilevanti per gli editori.

  1. Prezzi minimi differenziati su Ad Manager
    Gli editori potranno impostare floor price diversi per diversi bidder, aprendo scenari più competitivi nelle aste e un maggiore controllo del valore minimo dell’inventory.
  2. Interoperabilità rafforzata tra gli strumenti advertising
    Google promette di non favorire più le proprie soluzioni all’interno del proprio stack, garantendo condizioni trasparenti e non discriminatorie nei confronti di SSP e DSP concorrenti.
  3. Stop alle pratiche contestate dalla Commissione
    L’azienda annuncia interventi immediati per eliminare le condotte segnalate nel provvedimento europeo, con modifiche puntuali ai prodotti e alle policy.
  4. Impegno al dialogo e a evitare la separazione forzata
    Google respinge la decisione della Commissione («faremo ricorso»), ma allo stesso tempo sceglie la strada negoziale per mantenere integra la propria filiera adv e trovare una soluzione condivisa che soddisfi le richieste del regolatore.

Gozi: “Finita l’epoca dell’impunità dei giganti del web”

Durissimo il giudizio di Sandro Gozi (Renew Europe, segretario generale del Partito Democratico Europeo):

«Le leggi europee sui servizi digitali stanno finalmente facendo ciò per cui sono state pensate: costringere i grandi operatori globali a rispettare davvero le nostre regole. È positivo che il colosso americano riconosca la necessità di cambiare i propri servizi pubblicitari, ma non basta offrire modifiche per evitare una scissione: serve piena trasparenza e piena conformità, senza eccezioni né scorciatoie. È finita l’epoca dell’impunità dei giganti del web».

Gozi insiste sul fatto che la pubblicità online non può essere un sistema opaco dominato da chi controlla algoritmi e dati, annunciando battaglia su ogni tentativo di aggirare il DMA.

«La nostra battaglia continua: niente privilegi per nessuno. Le piattaforme devono adeguarsi alla legge europea, garantire equità agli editori, trasparenza agli inserzionisti e sicurezza agli utenti», ha aggiunto l’eurodeputato.

Perché questa indagine riguarda tutti gli editori (grandi e piccoli)

La posta in gioco è enorme: la policy contestata impatterebbe soprattutto le aree più redditizie delle testate online:

  • branded content e articoli sponsorizzati;
  • affiliazioni e commerce-editoriale;
  • contenuti di partner terzi;
  • sezioni tematiche monetizzate con collaborazioni esterne.

Secondo l’UE, la demozione involontaria di questi contenuti può:

  • ridurre drasticamente la visibilità su Search;
  • comprimere i ricavi da partnership e affiliazioni;
  • vincolare la libertà degli editori di innovare modelli commerciali;
  • incidere sull’intero equilibrio economico delle redazioni digitali.

In parallelo, l’indagine solleva un tema strutturale: chi controlla ranking e algoritmi, controlla il mercato. Per questo motivo, la discussione sul rispetto del DMA non è solo tecnica, ma tocca l’equilibrio di potere tra piattaforme e industria dell’informazione.

Il rischio massimo: la separazione forzata della divisione pubblicitaria

In caso di “violazione sistemica”, il DMA prevede misure eccezionali:

  • scissione di business, inclusa la vendita della divisione adv;
  • divieto di acquisire servizi collegati alla non conformità;
  • pesanti sanzioni economiche ricorrenti.

Per l’ecosistema dei publisher sarebbe un cambio epocale: significherebbe spezzare il dominio verticale di Google tra adserver, SSP, DSP e marketplace. Le conseguenze sarebbero ambivalenti: più concorrenza potenziale, ma anche maggiore complessità nella gestione tecnologica per editori e concessionarie.

Barachini (Governo italiano): “Era ora, l’indagine è fondamentale”

Il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini sostiene l’iniziativa europea:

«Ritengo importante che l’Europa abbia aperto un procedimento per verificare se gli over-the-top diano il corretto spazio all’informazione professionale, giornalistica e di interesse pubblico», ha dichiarato, ricordando come il tema sia stato portato anche all’ultimo vertice di Copenaghen con i ministri dei media e della cultura europei.

Il tema è politico, industriale e culturale: l’Europa vuole proteggere il pluralismo informativo in un momento in cui il comparto è sotto pressione per la concorrenza delle piattaforme e l’avanzata dell’intelligenza artificiale.

Cosa devono fare ora gli editori: 6 azioni strategiche immediate

Per gli editori digitali questa indagine è un’occasione — e un rischio — da gestire con metodo. Alcune azioni possono essere messe in campo subito.

  1. Monitorare le performance Search delle sezioni con contenuti commerciali
    Verificare declassamenti improvvisi e cali di traffico organico nelle pagine con affiliazioni, branded content e promo partner, incrociando i dati con eventuali cambi di policy o aggiornamenti algoritmici di Google.
  2. Preparare evidenze da inviare alla Commissione
    Bruxelles raccoglierà testimonianze su traffico e ricavi persi: è il momento di documentare tutto con report analitici, serie storiche di traffico e confronti prima/dopo.
  3. Ottimizzare l’uso di Google Ad Manager
    La possibilità di impostare floor price differenziati può incrementare il valore dell’inventory se sfruttata correttamente, in particolare nelle fasce orarie e sui formati più premium.
  4. Valutare l’apertura a SSP esterne
    L’aumento di interoperabilità potrebbe rendere strategico diversificare le fonti di domanda, integrando SSP alternative e marketplace aggiuntivi per ridurre la dipendenza da un solo player.
  5. Ripensare i modelli commerciali
    Se la policy “site reputation abuse” verrà rivista, potrebbero riaprirsi margini per progetti di monetizzazione oggi ritenuti troppo rischiosi. È il momento di riprogettare in chiave data-driven offerte, pacchetti e verticali commerciali.
  6. Prepararsi a scenari drastici
    Una eventuale separazione della divisione adv renderebbe il mercato più competitivo ma anche più frammentato: meglio iniziare ora a studiare alternative operative, partner tecnologici e strategie di diversificazione dei ricavi.

Un punto di svolta per l’editoria digitale europea

La battaglia tra Bruxelles e Google non è solo una disputa regolatoria: è un passaggio storico per l’editoria europea, che vede per la prima volta strumenti legislativi in grado di riequilibrare un rapporto di forza decennale.

Il DMA rappresenta la linea rossa oltre cui i “gatekeeper” non possono più andare. Gli editori, grandi e piccoli, devono ora capire come sfruttare questo momento per recuperare visibilità, valore e autonomia.

La partita è appena iniziata. E potrebbe cambiare per sempre il modo in cui i contenuti editoriali vengono classificati, monetizzati e distribuiti online.

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